Una delle gemme della Costiera Amalfitana è Ravello , a 350 metri di altezza , dove effetti di luce e architetture magiche creano una visione d’intensità rara . Il suo nome è già immortalato nel Decamerone di Boccaccio .

Famosa per la sua  atmosfera di tranquilla serenità ,  Ravello offre gioielli architettonici di rara eleganza . Basti pensare al Duomo dedicato a San Panteleone , ricco di tesori artistici , tra i quali la porta centrale di bronzo , adorna di 54 formelle . Sulla destra del Duomo una Torre quadrata segnala l’ingesso  alla Villa Rufolo . Immerse in un vasto parco di flora mediterranea ed esotica , le struutture originarie della villa risalgono al 13 secolo ; ancora oggi sono evidenti aspetti architettonici arabo –siculi . Splendido il colonnato policromo arabeggiante del chiostro .

Il giardino è uno dei più belli della campania .La natura e l’opera dell’uomo concorrono a creare un’atmosfera di estrema suggestione : viali financheggiati da tigli e cipressi , cascate di fiori . Dal

Belvedere appare sconfinato il mare . Nel girdino della villa si tengono ogni anno , d’estate , i concerti del Ravello Festival . Wagner trovò proprio nel giardino di Villa Rufolo l’spirazione per il giardino di Kingsor del suo Parsifal .

Villa Cimbrone in origine era un semplice fondo rustico . Venne acquistato nel 1904 da Ernest William  Beckett, che lo strasformò in un avilla di eccezionale fascino . Ospitò personaggi celebri, la Winston Churchill a Greta Garbo . Un’atmosfera particolare si respira nel chiostro della villa , che presenta elementi antichi  di stili Arabo-Siculo .

Il belvedere è una terrazza sull’infinito senza eguali nel mondo 

Meritano una visita anche la chiesa di San Giovanni del Toro , costruita nel 12 secolo , che accoglie un bellisimo pergamo adorno di ricchi mosaici , e quella di Santa Maria a Gradillo , del 12 secolo .

Interessante il Museo del Corallo , che espone manufatti in corallo , cammei , madreperle incise e conchiglie , dall’epoca romana al secolo scorso . Vicinissima a Ravello è Scala , uno degli angoli più pittoreschi della Costiera . Il suo Duomo custodisce una Deposizione lignea del 200 .

 

Sorta tra la fine dell’Impero Romano d’Occidente e l’aurora di quello d’Oriente, Ravello deve la sua fondazione alle famiglie dell’aristocrazia romana che, lasciate le proprie città, ormai insicure a causa delle invasioni barbariche, trovarono rifugio sui Monti Lattari, ricchi di acque e di vegetazione. A tal proposito Aurelio Cassiodoro nel suggerire una cura adatta per la salute di Daro, cortigiano del re Teodorico, sottolineava l'effetto salutare del latte prodotto in questi luoghi, dovuto  alla salubrità dell'aria e alla fecondità del suolo in grado di produrre erbe di dolcissime qualità.
 Molti studiosi hanno fatto derivare il toponimo “Ravello” da una presunta ribellione alle leggi della repubblica amalfitana; in realtà le origini del nome vanno ricercate in un radicale pre-indoeuropeo “Grav”, che collegato alla sua base “Karra”, pietra, dirupo, starebbe ad indicare un luogo scosceso, specificando la collocazione geografica della città.
 Ravello fino all’XI secolo seguì le sorti del Ducato di Amalfi, una repubblica di astuti mercanti, in grado di stabilire intensi rapporti commerciali con l’Oriente arabo e bizantino, dove confluivano gli aromi, le spezie, le stoffe, le droghe e gli altri prodotti provenienti dal continente asiatico. I traffici marittimi favorirono l’ascesa di una nuova aristocrazia ravellese sostenuta sia dai sovrani normanni, grazie ai quali Ravello nel 1086 divenne sede vescovile direttamente dipendente dal Papa, che da quelli svevi ed angioini. Durante i secoli XI-XIV si assistette all’ascesa economica della città, caratterizzata da un nucleo urbano densamente popolato, dove sorgevano palazzi, chiese, botteghe e giardini, circondato da tre ordini di mura, al di fuori delle quali si estendevano i casali rurali con case coloniche e terreni coltivati. Con la morte di Roberto d’Angiò si aprì purtroppo una serie di lotte intestine tra Angioini e Durazzeschi che finì per trasformare le opulente città del Ducato in luoghi desolati, in balia dei briganti e abbandonati dalle nobili famiglie, partite alla volta di Napoli o della Puglia.
 All’epoca dell’ “Infeudazione” (1398 – 1583) la “Civitas”, interessata da una progressiva ruralizzazione, conservava ancora ampi tratti delle mura medievali e le principali dimore gentilizie, sottratte alla rovina e all’abbandono da una nobiltà che, però, spostava gradualmente i propri interessi verso la capitale del Regno. A partire dal XVI secolo terremoti, pestilenze (1527-1528) e carestie (1565-1570-1585), gettarono Ravello, emarginata ed inaccessibile, in uno stato di torpore  sociale e culturale mentre la sua storia, priva di tratti specifici e marcata nei secoli successivi da un susseguirsi di calamità, è assimilabile a quella più generale del Regno di Napoli. La città, ormai ridotta ad un’ immagine sbiadita del suo illustre passato, si sarebbe ridestata solo nella seconda metà dell’Ottocento, quando divenne meta di viaggiatori europei, attratti da quelle bellezze della natura e dell’arte in grado di trasformare il viaggio in una “serendipity”, felice ed inaspettata scoperta a rigenerazione

Il duomo di Ravello, dedicato a Santa Maria Assunta, fu edificato alla fine dell'XI secolo: si tratta di una basilica di derivazione benedettino-cassinese con tre navate, scandite da un doppio colonnato, transetto sopraelevato per la presenza di una sottostante cripta ed absidi estradossate.

La porta di bronzo donata dal nobile ravellese Sergio Muscettola, fu eseguita da Barisano da Trani nel 1179, come si evince dall'iscrizione dedicatoria. Essa è costituita da due battenti in legno su cui sono affisse in maniera quasi speculare 80 formelle, di cui 54 figurate e 26 decorative. Le giunture sono ricoperte da fasce ornamentali raccordate da borchie piramidali o circolari assicurate alla struttura con grossi chiodi. La tecnica utilizzata nella realizzazione delle formelle è il bassorilievo, via di mezzo tra l'incisione orientale e l'altorilievo del romanico occidentale: il bronzo fuso era versato in stampi in sabbia e gesso dove veniva plasmato nei modi desiderati. Nel ciclo iconografico vengono rappresentati, a partire dai registri più bassi, il mondo animale e vegetale (l'albero della vita, tema di origine mesopotamica) l'universo umano (rappresentato dagli arcieri e dai mazzieri) e le gerarchie della Chiesa (Santi, Madonna e Cristo).

 

L'ambone dell'epistola fu fatto eseguire dal secondo vescovo della diocesi Costantino Rogadeo (1094 – 1150). L'arredo è costituito da due scale laterali affiancate ad un lettorino centrale, recante in alto un'aquila dalla testa mozza. Nel registro inferiore due plutei sono decorati con dischi di porfido e serpentino, inquadrati da meandri curvilinei, ruote cosmiche che richiamano l'azione creatrice del Verbo. In alto un mosaico raffigura l'episodio biblico del profeta Giona, ingoiato e vomitato dal pistrice, prefigurazione della morte e resurrezione di Gesù. Sotto il lettorino, a sottolinearne il carattere di monumento alla resurrezione, due pavoni, simbolo della vita eterna, sormontano una nicchia centrale che rimanda al sepolcro vuoto.

La gastronomia

Vico Equense è zona di produzione del vino DOC "Penisola Sorrentina", un rosso e un bianco asciutti e corposi che ben si accompagnano alla cucina locale, mentre la varietà "rosso frizzante naturale" è indicata per dessert.

Oltre ai primi piatti di pasta, gnocchi, lasagne e cannelloni, si segnalano la "cianfotta", la parmigiana di melenzane col cioccolato, la minestra "maritata", la pizza di scarola.

Sapida è la cucina marinara, ottime le carni alla brace, particolari i tipici latticini ("treccia, caciocavallo, scamorza, provola, caciotta ovina, ricotta di fuscella).

Molto ricca e apprezzata la produzione di ortaggi e frutta. Citazione doveroso per l'olio extravergine di oliva, il nocino e il liquore di agrumi.

Un'autentica curiosità tipica è "la pizza a metro", divenuta un "classico" di Vico Equense.

La direzione dell'Hotel Olimpico consiglia di degustare la pizza a metro alla pizzeria "l'università della pizza" (la prima vera pizza a metro della Costiera Sorrentina (Via Nicotera, 10 - Vico Equense, tel. 081.879.84.26)

 

Il pulpito, opera di Nicola di Bartolomeo da Foggia, fu donato da Nicola Rufolo nel 1272. L'arredo è costituito da una rampa d'accesso e da una cassa quadrangolare. Un arco trilobo, nei cui pennacchi sono raffigurati di profilo Nicola Rufolo e sua moglie Sigilgaida, costituisce l'ingresso della scala interna. La cassa poggia su sei colonne tortili, sorrette da tre leoni e tre leonesse dalla folta criniera. I capitelli, minuziosamente lavorati, sono scolpiti con tralci vegetali e motivi zoomorfi. Al centro si erge il lettorino costituito da un’ aquila recante negli artigli un codice con l'iscrizione: “In principio erat Verbum”, inizio del Vangelo di San Giovanni. All'artista pugliese si affiancò probabilmente una bottega locale, cui fu conferito l'incarico di eseguire la decorazione musiva, costituita da tessere policrome allettate su una mala di calce. Fasce curvilinee, costituite da stelle a sei e a otto punte, inquadrano animali, draghi e uccelli tra racemi fioriti che si stagliano su fondo dorato. Al centro del prospetto rivolto verso la controfacciata è raffigurata la Madonna con il Bambino affiancata dallo stemma della famiglia Rufolo.

La cappella dedicata al principale patrono della città, San Pantaleone, fu costruita nel XVII secolo per dare una degna collocazione alla reliquia del sangue dal santo, conservata fino ad allora a sinistra dell'altare maggiore, in un posto chiamato “finestra”. In corrispondenza di una graziosa cupoletta si eleva il pregevole dossale in marmi policromi. Quattro colonne, sormontate da trabeazioni, ne inquadrano la facciata. Al centro si ammira il dipinto raffigurante il martirio di San Pantaleone, opera eseguita nel 1638 dal pittore genovese Gerolamo Imperiali, autore anche delle tele laterali con i santio Tommaso e Barbara. La reliquia del sangue, custodita in una reliquiario in argento dorato, suole liquefarsi nell'anniversario del martirio. (27 luglio).

Localita balneare incantevole , Minori , con le sue casette rosa a dominare la piccola spiaggia , offre al turista anche un paesaggio splendido .Per la posizione felice sulla costa fù scelta nell’antichità dai Romani come luogo in cui dedicarsi all’otium, come testimoniato da numerosi resti , tra cui la Villa Romana ( I sec.d.c.) , un grandioso complesso archeologico (2.500 metri quadrati):da ammirare il Viridarium , il triclinio-ninfeo, gli splendidi mosaici .

Al Museo dell’antiquarium  sono custoditi reperti risalenti al I secolo a.C . Nel centro , vicino al porticiolo , si erge la basilica di Santa Trofimena , patrona della citta , costruita nel 12 secolo – Molte altre chiesette e torri costellano il territorio comunale .

Con la sua lunghissima spiaggia e il bel lungomare , Maiori vanta il patrimonio turistico –alberghiero più notevole della zona . Ruderi di castelli e torri testimonialno il suo splendore nel Medioevo , quando era circondata e difesa da mura e fortificazioni .

Domina l’abitato la chiesa  di santa Maria a Mare : il 15 agosto qui si commmemora con festeggiamenti un evento del 1204 , quando dei marinai ripescarono la statua della Vergine che  una nave proveniente da Costantinopoli , rifugiatasi per una tempesta a Maiori , era stata costretta a gettare a mare . Sull’ altare maggiore una scultura lignea del’400 raffigura la Madonna col Bambino  una raccolta di opere d’arte è custodita  nel Museo della Sacrestia e nella cripta sottostante . Di origine medievale è il popolare santuario dedicato alla Madonna delle Grazie, ricostruito nel ’700 .

Da vedere l’insolito complesso rupestre di Santa Maria de Olearia , una Badia Benedettina edificata nell mille . Negli edifici aggrappati alle  rocce , in una delle grotte naturali della zona , si aprono sale, cappelle , piccoli portici affrescati .

Con una gita in barca si possono visitare la Grotta Sulfurea  e la Grotta Pandora . La prima è ricca di acqua sulfureo –magnesica con proprietà curative ; nella seconda , lo scenario verde smeraldo , le stalattiti e stalagmiti creano uno scenario indimenticabile . Molte testimonianze del passato anche nei dintorni di Minori , graziosa località balneare , come una grande villa rustica .

A pochi chilometri da Maiori si trova Erchie , con la torre su una roccia che separa due spiaggette.

L’Abbazia benedettina di Santa Maria de Erchie , fondata nel 980 e soppressa nel 1451, diede nome a questo luogo , oggi meta di turisti soprattutto d’estate . questo piccolo borgo , con le caratteristiche case bianche , le deliziose spiaggette e il mare cristallino è l’ideale per chi cerca un po’ di relax a contatto con la natura .

Poco prima di Vietri si incontra Cetara .E’ sempre stata un borgo di pescatori , e infatti il suo nome deriva dal latino Cetaria , tonnara . Questo dalla pittoresca architettura bianca , con la sua spiaggia raccolta , è uno dei gioielli della Costiera . Tra l’edilizia spontanea fatta da casette cubiche spicca la chiesa di San Pietro con la cupola maiolicata e il campanile duecentesco a bifore .

Alla base della Costiera Amalfitana , nella parte rivolta al golfo di Salerno , Vietri sul Mare

domina dall’alto la piccola Valle di Bonea , ergendosi sui bastioni di roccia calcarea degradanti fino alla costa .Con le sue chiesette dalle cupole maiolicate e le piccole case dalle tegole di cotto , Vietri appare sospesa tra cielo e mare .

Nell’antichità fù città etrusca , subì successivamente la dominazione dei Sanniti , Lucani ed infine dei Romani . La chiesa di San Giovanni Battista , del 17 secolo , con la sua maestosa cupola e l’elevato campanile , è situata nel punto più alto del centro strorico .

L’industria della ceramica per cui Vietri è celebre nel mondo era fiorente già nel Medioevo . Artigiani e artisti nei secoli hanno realizzato pezzi preziosi , una parte dei quali si può ammirare

Nel Museo della Ceramica Vietrese , situato nella torretta-belvedere di Villa Guariglia , in località Raito .

Da visitare:

-DUOMO: IX secolo. La porta bronzea del Duomo, eseguita nel 1179 a Costantinopoli e "portata a destinazione via mare" come quelle della cattedrale di Amalfi, del S.Salvatore Atrani e della cattedrale di Salerno, è divisa in 54 riquadri rappresentanti Santi, Storie della Passione, leoni e grifi.

-CHIESA DI S.MARIA A GRADILLO: XII secolo. In questa Chiesa "prendeva solennemente possesso il Capitano generale dell'intero Ducato Amalfitano" ed i nobili di Ravello "si riunivano per discutere le cose pubbliche".

-MUSEO DEL CORALLO: Fondato nel 1986 raccoglie manufatti in corallo, cammei, madreperle incise e conchiglie, dall'epoca romana al secolo scorso.

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