L'eruzione del 1944
Il 18 marzo del 1944, durante l'occupazione delle truppe alleate, iniziò l'ultima eruzione del Vesuvio, che concluse un periodo di attività cominciato nel 1914, durante il quale si erano verificate soltanto modeste eruzioni dal cratere centrale.
Tra il 1914 e il 1944, le lave e le scorie prodotte dal vulcano avevano riempito il cratere, largo 720 m. e profondo 600 m., che si era formato durante la precedente eruzione del 1906. Un conetto di scorie emergeva dal cratere. A marzo il conetto di scorie comincia a franare e l'attività sismica diviene più intensa. Si forma e subito collassa un nuovo cono di scorie. Il 18 marzo l'eruzione inizia nel pomeriggio con lanci di scorie. Alle 16.30 una colata lavica tracima dalla parte settentrionale del cratere e raggiunge la Valle dell'Inferno alle 22.30. Quasi contemporaneamente un'altra colata trabocca dalla parte meridionale del cratere. Alle 23 si ha anche una fuoriuscita di lava dalla parte occidentale del cratere: la colata costeggia il binario della funicolare e interrompe la ferrovia.
Il 19 marzo alle 11 la lava si riversa lungo il Fosso della Vetrana. Il 20 marzo tra il pomeriggio e la notte, nuove colate tracimano dalla parte settentrionale del cratere. Tutta l'attività effusiva è accompagnata da tremore sismico con ampiezza crescente fino a metà della giornata.
Il 21 marzo la colata meridionale si arresta a una quota di circa 300 m. sul livello del mare. Nella notte, la colata settentrionale raggiunge S. Sebastiano e Massa di Somma e si divide in due rami che avanzano in direzione di Cercola, da cui in serata distano circa 1,5 km. S. Sebastiano e Massa di Somma vengono evacuati e i 10.000 abitanti trasferiti a Portici. Intorno alle 17, iniziano a formarsi spettacolari fontane di lava, l'ultima delle quali dura circa 5 ore e raggiunge un'altezza di quasi 1.000 m. Frammenti di lava e ceneri spostati dai venti in quota, si depositano sulle aree sud-orientali del vulcano, tra Angri e Pagani. I frammenti più piccoli raggiungono distanze di oltre 200 km verso sud-est. Scorie fino a un chilogrammo di peso raggiungono l'abitato di Poggiomarino, a circa 11 km dal cratere. Grandi quantità di scorie ancora calde si accumulano sui fianchi del Gran Cono. Continua il tremore sismico, con massimi di ampiezza in coincidenza con l'emissione delle fontane di lava.
Il 22 marzo verso le 13 l'eruzione raggiunge la massima intensità. Una colonna di gas e cenere sale fino a un'altezza di circa 6 km. La parte alta della colonna viene spinta dal vento verso sud-est, cenere e scorie cadono sui versanti sud-orientali del vulcano. Parziali collassi della colonna eruttiva formano piccoli flussi piroclastici che scorrono lungo i fianchi del cono. Un intenso tremore sismico accompagna tutta questa fase, durante la quale il cratere si allarga progressivamente. Il 23 marzo una serie di esplosioni sono causate dall'ingresso di acqua nel condotto vulcanico e si verificano sciami di terremoti. Le esplosioni generano colonne di cenere, che vengono spinte dal vento verso sud-ovest, e piccoli flussi piroclastici scorrono lungo i fianchi del cono.
Il 29 marzo l'eruzione termina. La morfologia dell'area sommitale del cono risulta profondamente modificata con una nuova grande depressione craterica, la stessa visibile oggi. L'eruzione del '44, benché di energia moderata, causò la morte di alcune decine di persone per il crollo dei tetti e determinò gravi danni a S. Sebastiano e Massa di Somma.